RICERCA PER CASATO

5 / 10 / 15 anni – La cittadinanza si guadagna, non si ottiene solo con il tempo!

Negli ultimi tempi il dibattito pubblico italiano ha riportato al centro dell’attenzione un tema cruciale quello della cittadinanza.  Chi la merita e in quali tempi dovrebbe essere concessa? In particolare, una proposta di riforma, sostenuta anche da un recente tentativo di referendum, ha puntato a ridurre da 10 a 5 anni il requisito minimo di residenza per accedere alla cittadinanza. Ma siamo sicuri che il solo tempo basti a rendere una persona parte integrante di una nazione?

La cittadinanza non è un automatismo, non è un diritto acquisito solo per vicinanza geografica o per durata di permanenza, è un riconoscimento profondo, che riguarda l’identità, l’impegno, il rispetto e la volontà di entrare a far parte, a tutti gli effetti, di una comunità. Per questo motivo, parlare solo di “anni di residenza” rischia di semplificare e banalizzare un percorso che dovrebbe invece essere profondo, consapevole e pienamente vissuto.

Immaginiamo, per esempio, una laurea in medicina concessa automaticamente dopo cinque anni, anche se lo studente non ha mai aperto un libro, non ha mai frequentato un laboratorio, non ha mai sostenuto un esame. Sarebbe impensabile, perché sappiamo bene che il tempo, da solo, non basta, serve studio, dedizione, fatica, senso di responsabilità. Lo stesso vale per la cittadinanza, che non si dovrebbe acquisire solamente per il fatto di esserci, ma per ottenerla bisognerebbe dimostrare di volerci essere nel modo giusto!

L liningua, le leggi, la cultura italiana vanno conosciute e rispettate

Chi vuole diventare cittadino italiano deve innanzitutto imparare la lingua, perché essa è lo strumento con cui si accede alla cultura, si comprendono le regole, si partecipa alla vita civile. Non conoscere la lingua significa rimanere ai margini, estranei, inoltre un requisito basilare dovrebbe essere la conoscenza delle leggi, della Costituzione, della storia e delle istituzioni.

Servono rispetto e adesione ai valori profondi della società, dalla libertà di culto, al rispetto delle differenze al senso civico, infatti chi entra in una nuova casa deve farlo con rispetto per chi già ci vive, per le sue regole e per la sua storia, in punta di piedi.

La nobiltà civica come unica alternativa alla politica

In un contesto in cui il dibattito sulla cittadinanza viene spesso strumentalizzato politicamente – da una parte chi vuole aprire tutto, dall’altra chi vuole chiudere tutto – serve un pensiero che vada oltre gli schieramenti. Un’idea alta, universale, capace di parlare non solo agli italiani ma anche a chi sogna di diventarlo.

E qui emerge un concetto dimenticato ma potentissimo, la nobiltà, non quella dei titoli ereditari o dei privilegi di sangue, ma la nobiltà come valore morale, come visione del dovere prima ancora che del diritto. Una nobiltà che non guarda al colore politico, che non si fa trascinare dalle ideologie, ma che si fonda su principi etici solidi e condivisi quali l’ onestà, l’ impegno, la lealtà, il rispetto per le istituzioni e per la comunità.

In tempi di populismi e scorciatoie, la nobiltà può diventare un linguaggio comune, capace di elevare il dibattito e far capire che la cittadinanza non è una merce di scambio, ma un legame profondo tra individuo e Stato, un patto che deve essere fondato sulla fiducia e sul merito.

Cittadinanza come scelta reciproca

Essere cittadino significa partecipare attivamente alla vita della nazione, non solo beneficiarne, significa sentirsi responsabili, contribuire al bene comune, rispettare e difendere le libertà degli altri, anche quando non coincidono con le proprie. Per questo motivo la cittadinanza deve essere una scelta reciproca, e non un automatismo.

Chi vuole diventare cittadino italiano deve mostrare, nel tempo, di condividere valori, regole, cultura e identità, e lo Stato deve poter valutare con attenzione questo percorso. Allora sì che il riconoscimento della cittadinanza sarà un momento di festa, di conquista e di integrazione piena e consapevole.

Quando si fanno propagande di pancia

Che siano 5, 10 o 15 anni, il tempo da solo non può essere il metro di giudizio per qualcosa di così profondo e significativo. La cittadinanza si guadagna, giorno dopo giorno, con gesti concreti, con rispetto e con amore per il Paese che si vuole chiamare “casa”.

Solo così potremo costruire un’Italia più forte,

più coesa,

e più giusta,

fondata non sul tempo trascorso,

ma sulla qualità del legame costruito.

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