RICERCA PER CASATO

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Casato di Giovine di Roccaromana

 

 

Paolo di Giovine di Roccaromana, rappresentante della medesima casata,  rende noto i riconoscimenti ufficiali internazionali concessi alla casata di Giovine e il riconoscimento della stessa mediante un elenco ufficiale internazionale qui sotto riportato.

Il principe può vantare le massime onorificenze concesse alle case reali mondiali, atte nel creare reciproca stima e riconoscenza.

A destra il Principe Paolo di Giovine in compagnia con Don Alfonso de Ceballos-Escalera y Gila, Marchese de la Floresta

– Ballestero de Hermandad presso Noble Compania de Ballesteros Hijosdalgo de San Felipe y Santiago

– ⁠Placca di Giustizia presso Capitulo Noble di Fernando VI

– ⁠Ufficiale Royal Order of the Crown of Hawaii

– ⁠Gran Croce presso Ordine dell’ Aquila di Georgia

– ⁠Grande Ufficiale presso Real Ordem de Sao Miguel da Ala

– ⁠Gran Croce Ordine della Corona Portoghese

– ⁠Gran Croce presso Ordine del Leone di Ruanda

– ⁠Cavaliere Maestrante presso Real Maestranza de Caballeria de Castilla

Nel sociale  e per il sociale il Principe viene insignito delle seguenti onorificenze internazionale a dimostrazione di quanto profonda e intrinseca sia la nobiltà del casato ;

– ⁠PHF Rotary International

– ⁠Melvin Jones Fellow Lions International

 

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Pilla

 

 

Pilla

Etimologia

La “pilla” nell’antichità era un contenitore in terracotta o in cemento, usato per lo più per contenere l’acqua. Troviamo la ”pilla” anche nel mondo ecclesiastico, infatti essa veniva utilizzata per trasportare l’acqua santa.

La pilla in terracotta, veniva utilizzata per il trasporto dell’acqua

I pilla

La famiglia prende il nome dalla pilla, appartenenti ad una comunità oriunda già presente nel XVII secolo, con radici ben radicate in quella che ora possiamo definire la provincia pavese. Commercianti affermati comperarono innumerevoli terreni agricoli per coltivare le primizie e successivamente commerciarle, in primis nei paesi limitrofi, per passare a territori più lontani man mano cresceva la loro ricchezza. Un’ altro esempio di attività svolta da questa famiglia, era la costruzione di mattoni per l’edilizia del ‘epoca, e della famosa “pilla”, creata inizialmente con la terra cotta, per passare successivamente alle primordiali malte cementizie dell’epoca. Questo uno dei motivi per i quali troviamo radicata questa antica famiglia in zone adiacenti ai fiumi, per esempio nella bassa padana vicino al fiume Po’, dove la tipologia di terreno, per lo più argilloso, si adattava meglio alla realizzazione di questi manufatti. Pur in continua espansione, questa famiglia, si avvalse di punti strategici nel territorio lombardo piacentino, luoghi come detto prima adatti per la coltivazione e per la reperibilità dell’argilla necessaria per la costruzione della “pilla”. Le fonti storiche ci hanno permesso di evidenziare due zone in particolare dove operavano, i feudi di Gerrechiozzo, e San Protaso. Gerrechiozzo, è l’attuale Frazione Rotto di Cava Manara, in provincia di Pavia, luogo limitrofo al fiume Po,’ dove ancora noi possiamo trovare le primordiali cascine e terreni di questa antica famiglia, i quali sono ancora oggi di proprietà dei Pilla, immobili e terreni acquistati grazie al commercio delle primizie e alla costruzione della “pilla”, attività procrastinate nel tempo, come si evidenza nei documenti parrocchiali di Pilla Camillo classe 1818.

Arma o blasone dei Pilla

A testimonianza della grande importanza di questa famiglia, ancora oggi all’interno della chiesa di San Protaso, frazione di Fiorenzuola d’Arda (PC), nella parte destra adiacente alla navata centrale, in una piccola cappella addobbata in stile settecentesco, conservata scrupolosamente, come se il tempo si fosse fermato, possiamo ammirare lo stemma di famiglia, riprodotto in stucco dei “Conti Pilla”, sostenuto da San Mauro Abate, al quale venne anche dedicata una delle chiese più importanti di Pavia. Chiesa di San Protaso costruita dalla stessa famiglia Pilla.

Stemma conti Pilla

Stemma che troviamo riportato nell’importantissimo manoscritto “Le antiche famiglie di Piacenza e i loro stemmi”, conservato scrupolosamente nell’archivio storico di Piacenza, nella sezione stemmario titoli comitali tavola XV. I Pilla, vennero insigniti dal Duca di Piacenza Ranuccio Farnese II, con lettera patente del 1674con il titolo di “Nobili di Piacenza”, e successivamente con la concessione comitale al conte Vittorio Pilla nel 1669. Nel feudo di San Protaso troviamo ancora oggi i resti di quello che furono i possedimenti della famiglia Pilla, in particolare il castello Torrione, costruzione risalente al 1300, in possesso dei Pilla dal 1669 al 1700.

Blasone o arma dei conti Pilla scolpito in stucco, situato nella chiesa di San Protaso (PC)

Pilla e legami parentali

Esponenti dei Pilla, grazie alla loro forza e al loro potere trovarono legami matrimoniali importanti, unendosi altre sì con due famiglie importantissime di quel tempo, gli Alberti, e i Nicelli. Degli Alberti troviamo ancora oggi un piccolo borgo nelle montagne dell’oltre Po’ pavese, al confine con Piacenza, un luogo dove il tempo pare si sia fermato, ”CASA PILLA”, frazione di Romagnese (PV), dove gli abitanti storici del borgo sulle loro carte di identità portano l’antico e importante cognome “ALBERTI”.

Letteratura

In questa nobile antica famiglia troviamo riferimenti storici inerenti a “Donna Giovanna di Crollalanza” prozia del famoso scrittore Araldo di Crollalanza, fautore del dizionario araldico “IL Crollalanza”.

Don Pilla Giovanni di Vittorio. Protaso 1743

Particolare attenzione và proprio a costui, il quale viene menzionato nei registri parrocchiali di Gerrechiozzo, feudo sul quale governava la potente famiglia Beccaria, infatti questa famiglia, aveva possedimenti sia a Pavia che a Piacenza, sicuramente i grandi nobili Beccaria decisero di assegnare una porzione di questi terreni ad una famiglia di loro conoscenza e di massima fiducia, ecco perchè troviamo Pilla Giovanni Vittorio di Protaso, menzionato in questi scritti. Pilla Vittorio discendente della famiglia dei conti Pilla di Protaso, si stabili nel territorio di Cava, assieme ai suoi genitori.

Molti rami collaterali di questa famiglia, come ad esempio i conti Pilla Nicelli, si estinsero, ma verosimilmente possiamo affermare che un ramo collaterale giunge a noi tramite Pilla Giovanni Vittorio 1743 nella bassa pavese, nel comune di Cava Manara, un tempo Gerrechiozzo, rappresentato dal Cav. di casa Savoia (Santi Maurizio e Lazzaro) nobile dei conti Marco Pilla.

Fonti storiche

Archivio parrocchiale di Gerrechiozzo Cava Manara (PV)

Archivio parrocchiale di San Protaso Fiorenzuola d’Arda (PC)

Archivio stortico di Piacenza palazzo Farnese

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DEL SECCO d’ARAGONA

DANIELA DEL SECCO D’ARAGONA

Questa illustre e antica casata si affermò positivamente durante i lunghi e gloriosi secoli della sua storia, per l’opera infaticabile ed assidua dei suoi figli minori che sempre si adoperarono per rendere il loro glorioso cognome meritevole degli onori e della stima dei concittadini e della patria. Secondo l’Autorevole V.Cappellari la famiglia Secchi discende dal sangue dei Goti, cioè da quel Rachimiro soprannominato il Secco, il quale per il suo grande valore fu creato Patrizio romano dall’Imperatore Severo e insignito della carica di Vicario dell’Impero in Italia. Va ricordato che nelle antiche trascrizioni latine i cognomi venivano declinati nel numero, ossia, a seconda che si scrivesse di uno o più componenti la stessa casata “gens” Secco era il singolo maschio appartenente alla famiglia, Secchi erano tutti i maschi appartenenti alla stessa e per Secca si poteva intendere una femmina o l’intera casata; precisiamo altresì che le particelle antecedenti il cognome “dei”, “della”, “dei”, “del”, (usate indifferentemente a seconda della moda del tempo), hanno carattere patronimico o toponimico e cioè vogliono dire: “figlio di”, “proveniente da”, ecc. e di conseguenza sono ininfluenti ai fini della ricerca storico araldica. Dal nipote Augustolo stabilitosi a Caravaggio, nel bergamasco, discese tutta la stirpe Secchi, quali i Secco di Caravaggio, quelli di Aragona, i Secco Borella dal nome del contado dell’ex Regno di Napoli e i Secco Suardo. Tra i nobili di Milano ebbero certamente un posto di rilievo, ma si distinsero in altre numerose città italiane. Giovanni visse ai tempi della prima Crociata e da suo figlio Giacomo nacquero Alberto, Vescovo di Utica e Cervato, feudatario valvassore. Si imparentarono con famiglie sovrane, quali i Gonzaga, i Visconti, i Doria, i Comneno di Costantinopoli, i Pietrasanta e i Trivulzio. Attraverso i secoli diedero alla patria venti giureconsulti (Soccino, 1560), dottori in lettere, tre Cavalieri di Malta e otto Cavalieri aurati (Giacomo 1483); cinque Podestà , Senatori (Marc’Antonio, 1513), Governatori, Prefetti, capitani di giustizia (Nicolò , 1548), Ambasciatori (Francesco, 1523), e inoltre quattro Protonotari (Bartolomeo 1470), e un generale dell’ordine dei Domenicani. I Secco furono iscritti al patriziato milanese e di cinque altre città, ebbero la nobiltà del Sacro Romano impero e l’investitura di dieci feudi ereditati. Fermo, fu caro ai Visconti che lo fecero castellano e governatore. Fu il capostipite dei Secco Comneno. Francesco fu creato Cavaliere nel 1452 e si distinse l’anno dopo riconquistando per Francesco Sforza, il territorio della Gera d’Adda, caduta in mano dei veneziani. Nel 1483 il duca di Calabria Alfonso d’Aragona per dimostrargli la sua alta considerazione lo aggrego’ alla sua famiglia concedendo a lui e ai suoi discendenti il diritto di portare il regale nome d’Aragona. A causa di una trama segreta da lui ordita per impossessarsi del potere, fu costretto a fuggire in Toscana, dove servi’ questa repubblica contro i senesi. La famiglia che e’ ascritta al Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, alzo’ l’Arme così descritta: inquartato: nel I partito: a) fasciato d’argento e di rosso 8 pezzi (Ungheria ); b) d’azzurro gigliato d’oro (Angiò); nei II partito: a) d’argento alla croce potenziata d’oro accantonata da 4 croci dello stesso ( Gerusalemme ); b) d’oro a 4 pali di rosso (Aragona); nel terzo d’argento a tre fasce di rosso; nel IV al cavaliere armato di tutte pezze, trottante al naturale col pennacchio di rosso con due scudetti d’oro al leon nero, tenente un pennoncino carico di un leone di nero, il cavallo coperto di qualdrappa d’oro a sei leoni illeopardidi, 2, 2, 2; sul tutto d’argento al leone rampante di rosso, coronato d’oro tenente una spada al naturale e attraversato da una banda d’azzurro caricata di tre rose d’argento (Secco).

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GAUCI

CASATO GAUCI

BLASONE PERSONALE DEL Dr. CHARLES GAUCI

Capo Araldo di Malta
Nel marzo 2019, l’Ufficio del Capo Araldo delle Armi di Malta è stato istituito
da Heritage Malta su raccomandazione del Primo Ministro e del Segretario di
Gabinetto presso l’Ufficio del Primo Ministro.
Il 25 giugno 2019, con avviso numero 729 nella Gazzetta del governo
maltese, il governo di Malta ha annunciato la nomina di un capo araldo
all’ufficio del capo araldo d’armi di Malta, con sede presso lo storico Forte
Sant’Elmo a La Valletta.
Il 21 gennaio 2022, i regolamenti di araldica e genealogia del 2021 sono stati
pubblicati dal governo di Malta in virtù di un avviso legale emesso a seguito
di un emendamento alla legge sul patrimonio culturale approvato
all’unanimità dal parlamento e che ha ricevuto l’assenso presidenziale il 20 luglio 2021
La carica di Chief Herald of Arms of Malta è attualmente ricoperta dal Dr. Charles
A. Gauci, che è stato originariamente nominato nel 2019 ed  riconfermato con
questa nomina il 31 gennaio 2022, dall’allora Ministro della Cultura, Dr. José
Herrera. È aiutato localmente da un certo numero di ufficiali d’armi, mentre all’estero, gli
interessi dell’Ufficio del Capo Araldo d’Armi di Malta sono rappresentati da
Special Officers of Arms Extraordinary. Lo Chevalier, professor Horatio Caesar
Roger Vella, consiglia il Dr. Gauci su questioni relative al latino e Paleografia.
Il Chief Herald of Arms of Malta ha il diritto, conferitogli dal parlamento maltese,
sia di concedere che di registrare armi. Può accettare petizioni per concessioni e
registrazioni da cittadini maltesi e stranieri.

GIORGI DI VISTARINO

CONTI GIORGI DI VISTARINO

                               Cenni di storia della famiglia Giorgi di Vistarino e dei suoi beni.

La documentazione conservata nell’archivio Giorgi di Vistarino è, come spesso avviene negli
archivi privati, di natura quasi esclusivamente patrimoniale. Gli atti più antichi non precedono il
secolo XV.
Ciò potrebbe sorprendere quando si consideri che membri della famiglia Giorgi sono attestati
dalle fonti già nel secolo XII, per non dire della eccezionale prerogativa, risalente a tempi
ancora più antichi e condivisa con i Confalonieri e con i Mezzabarba, di assistere il Vescovo di
Pavia nella cerimonia del suo insediamento.
In questa occasione, una delle più solenni della vita della città, ai Giorgi spettava il diritto di
accompagnare il Vescovo, dopo che egli aveva ricevuta la consacrazione a Roma e pernottato
presso S. Stefano in Campagna, da questa chiesa fino a quella di S. Maria Secreta. Come poi la
cavalcatura del Vescovo diveniva di proprietà dei Confalonieri, ai Giorgi spettavano tutto il
vasellame e gli utensili sia di sala sia di cucina, usati per apprestare il primo pasto del prelato.1
Le carte del nostro archivio nascono invece da un ben preciso e posteriore evento, gravido di
conseguenze per le fortune della famiglia, di cui si propone un sommario albero genealogico
per il periodo che va dal sec. XV al XX e per il ramo qui documentato. Si tratta del matrimonio
1 Mentre scrivo queste note, mi perviene la notizia che alcune carte dell’archivio, sembra testamenti, sarebbero state
portate sul finire dell’Ottocento nel castello di Rocca dei Giorgi.
tra Carlo Antonio Giorgi e Franceschina Beccaria, avvenuto nella seconda metà del
Quattrocento. Franceschina era figlia ed erede di Nicola Beccaria2
, del noto ramo dei Beccaria di
Messer Fiorello o del Vireto ( Verretto ). Possessi in Magherno, Vistarino, Roncaro, Copiano, i
castelli di Pietra e di Rocca, e molti altri beni dell’ingente patrimonio dei Giorgi di Vistarino
provengono appunto in larga misura da Fiorello Beccaria ( che ne aveva acquisiti alcuni anche
con il matrimonio con una Sannazzaro. ) Franceschina Beccaria lasciò ai figli e ai discendenti
legandoli in fedecommesso con testamento del 23 maggio 1506 ( A.S. Pavia, Archivio notarile
pavese, f. 849 ).
Da Nicola, uno dei quattro figli di Carlo Antonio e di Franceschina, discendono direttamente i
Giorgi di Vistarino oggi viventi.
Nel 1659 i fratelli Paolo e Francesco Giorgi acquistano il feudo e relativo titolo comitale di
Vistarino, il cui palazzo diventa il luogo abituale di residenza non pavese della famiglia,
preferito fino all’Ottocento anche alla Rocca.
La presenza nell’archivio di molti atti concernenti la famiglia Trotti di Castellazzo e i relativi
possessi è dovuta al matrimonio di Antonio Domenico Giorgi, figlio del citato Francesco, con
Anna Trotti.
Altre parentele rimarchevoli lasciano la loro traccia nell’archivio e nella storia della famiglia.
Ricordiamo ad esempio le nozze di Carlo Giorgi, pronipote di Antonio Domenico, con Angela
Bellisomi, che portano il bellissimo palazzo pavese Bellisomi, ora Vistarino, nell’ambito del
patrimonio familiare.
Pochissimo rimane, come si è osservato sopra, a documentare le biografie e gli incarichi spesso
assai rimarchevoli ricoperti da diversi Giorgi, soprattutto nella carriera militare. L’unica
consistente eccezione, collegata però con interessi solamente artistici, ci ha conservato un
cospicuo numero di fascicoli che gettano luce sulla conduzione fin dal 1790 del Teatro grande di
Pavia, di cui i Giorgi erano condomini. 3
Estremamente ricche ed omogenee sono invece le fonti concernenti le acquisizioni e la
gestione del notevole patrimonio immobiliare, ricoprenti un territorio assai diversificato.
Le più importanti riguardano possessioni nella Campagna Sottana pavese: Vistarino, Magherno,
Copiano, Buttirago, Calignano, Carpignano, Barona, Albuzzano, Cassina de’ Mensi, Vivente,
Gerenzago, Spirago, e il “ Tenimento grande di Villarzino “, oltre 3.000 pertiche di terre e acque
nell’area di Beccalzù, Mairano, Quartiago, Bascapè e Gugnano.
Non trascurabili anche le testimoniante sui beni in Pietra e Rocca de’ Giorgi, e soprattutto in
Montù Beccaria, della cui Comunità si son conservati preziosi registri di atti seicenteschi.
Agli atti sciolti si affianca una serie notevole di registri dal secolo XVII al XX non solo relativi alle
esazioni dei canoni livellari, ma anche, nell’Ottocento, alla amministrazione della cassa
familiare.
2 E non di Castellino, come congettura il Robolini nella sua pregevole nota I. 10 del vol. V, p.l. delle Notizie
appartenenti alla storia della sua patria, Pavia, 1834, p. 164.
3 Cartelle 11 e 12.
Proprio da questi ultimi registri abbiamo dati precisi sulla consistenza del bilancio annuale della
famiglia, che alla fine del 1883, per citare un dato indicativo, ammontava a lire totali 273.991 in
entrata e 267.333 in uscita.
III. Criteri del lavoro di riordinamento e inventariazione.
L’archivio è pervenuto in grave stato di disordine e privo di inventario.
Molti documenti relativi ai possessi fondiari recavano tuttavia copertine con brevi regesti
risalenti a tempi diversi.
Dalla presenza di taluni contenitori ottocenteschi con etichette coeve rapportabili a serie di
documenti patrimoniali collocati in copertine con regesti numerati, si è potuto identificare
almeno l’epoca e l’autore dell’unico tentativo di riordinamento di parte dell’archivio: Giovanni
Podio, amministratore dell’azienda Vistarino al tempo del conte Augusto Giorgi, nel secolo
scorso. Nel contesto del lavoro si è creduto opportuno conservare queste tracce, segnalandole.
Si è pure tenuto conto delle poche intestazioni superstiti delle cartelle antiche per cercare di
restituire all’archivio la sua struttura originaria, coerente con i pochi elementi di tal tipo esterni
o interni.
Da ciò deriva ad esempio l’ordine di successione della documentazione afferente ai possessi e
anche quello, cronologico, dei registri.
Non si è proceduto ad alcuno scarto, trattandosi di un complesso di fonti già assai impoverito
dalle vicende passate.
La descrizione dei documenti, pur limitata al minimo richiesto da un inventario sommario, è a
livello di fascicolo, con eccezioni nei casi ripetitivi per contenuto giuridico ( ad esempio per le
investiture livellarie ), o nei casi di maggior rilevanza.
Nei primi si danno comunque sempre, oltre al numero della cartella, quello dei fascicoli ( in
genere costituiti da un unico documento ) e gli estremi cronologici. Nei secondi la data topica e
cronologica in anno, mese, giorno ).
Inoltre si è creduto utile evidenziare la presenta di pergamene, di allegati, di sigilli, di mappe o
altri documenti iconografici.
A riordinamento ultimato, la consistenza dell’archivio risulta essere di cartelle 85 per gli anni
1404 – 1964 e di registri 44 per gli anni 1686 – 1917, con un totale di 128 unità archivistiche.

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LUCULLO

                                                                                                                        ETIMOLOGIA

SIGNIFICATO Abbondante, raffinato, succulento

ETIMOLOGIA dal nome del generale romano Lucio Licinio Lucullo, vissuto fra il 117 e il 56 a.C.

PAROLA DELLE ORIGINI
Pur essendo lui un capace generale, non sono state le glorie militari a consacrare il nome di Lucullo alla storia: lo furono invece i suoi banchetti.

Fu persona attentissima all’ospitalità, oltre che ai riti del convivio, e di cultura vasta, e di raffinatezza squisita – e si dice che a lui si debba l’introduzione del ciliegio nelle nostre terre, e delle albicocche, dall’Oriente.

Il suo desco imbandito divenne un simbolo di cura e di eleganza ancor prima che di sfarzo e di opulenza, segno di un’abbondanza che non fosse grassa e molle, ma appagante e accogliente – il Lucullo dei grandi banchetti restò pur sempre un militare asciutto e atletico. Ciò che è luculliano, quindi, – un pranzo, un simposio, un buffet – oggi rimane la cifra di una larghezza prospera e avveduta, che ben sa considerare l’ospite e il valore delle maniere (anche in solitudine), e saggiamente dispone fasti sontuosi atti ad onorare e a mettere a proprio agio, senza ostentazione né spreco.

ROLLO

CASATO ROLLO

Etimologia

Derivare da una variante etnica dei toponimi Rolo (Reggio Emilia), Rolla (Como) o Ròllo (Avellino).   Un’ulteriore ipotesi potrebbe derivare dal nome medievale Rollo forma contratta dell’originale Rudolf (“lupo glorioso”) o dal personale germanico Roland (“che ha fama, gloria nella sua terra”.)                                                                        Il cognome Rollo pur avendo ceppi nel ragusano, lo si trova nel napoletano ed a Roma, è soprattutto pugliese e della penisola salentina in particolare.

Stemma Baronile famiglia Rollo

Storia

Rollo de Noorman (circa. 846 – 933), successivamente battezzato come Robert, era uno Signore della guerra vichingo. Forse dovrebbe essere identificato con Hrolf Ganger (Vecchio norvegese per Hrolf de Wandelaar). Sarebbe stato così chiamato perché era un uomo alto e pesante e non era un cavallo abbastanza forte all’epoca per trasportarlo e così doveva sempre camminare. In ogni caso, Rollo è una versione latina o francese del nome Hrolf.

Si dice che Rollo sia figlio di Rognvald Eysteinsson e Ragnhilda. Dopo la morte di suo padre, dovette fuggire Norvegia. È il primo della famiglia sul Isole Orcadi tirato, e poi alla famiglia sul Ebridi. Durante questo periodo è con uno sconosciuto celtico moglie sposata. Alla fine si è stabilito danese Inghilterra (Danelaw). Da lì ha guidato un tour di saccheggio congiunto dano-norvegese-inglese Frisia maggiore e lungo il corso inferiore del Reno.

Nell’885 fu uno dei leader dei Vichinghi durante il assedio di Parigi. Dopo che l’assedio fu revocato, guidò un giro di saccheggi Borgogna. Nell’896 uccise il conte Berengario di Bayeux (Margravio di Neustria), che aveva respinto i precedenti attacchi vichinghi, e prese in moglie sua figlia Poppa.

Conte di Normandia

Nel 911 Rollo fu sconfitto durante un altro raid a Chartres. re Carlo il Semplice decise comunque di fare affari con Rollo e lo cedette con il Trattato del Saint-Clair-sur-Epte l’area intorno al Senna-bocca in feudo, con Rouen come la capitale. Rollo si assunse così l’obbligo di difendere il fiume (e quindi la città di Parigi) dagli altri vichinghi. Rollo fu battezzato, divorziò da Poppa e sposò Gisela, una figlia di Karel. La tradizione vuole che ci fosse un grosso problema di protocollo: per diventare un feudatario Rollo doveva inginocchiarsi davanti al re e baciargli il piede, ma si rifiutò di farlo. Come compromesso, uno dei suoi subordinati lo avrebbe fatto, ma non voleva nemmeno inginocchiarsi, ma si chinò, prese il piede del re e lo sollevò in modo che il re perdesse l’equilibrio e cadesse all’indietro. Rollo sposò nuovamente Poppa nel 919 dopo la morte di Gisela.

Rollo ha mantenuto l’accordo per difendere la Senna dagli altri vichinghi. Ma ha continuato a fare la guerra lui stesso e fare incursioni per tutto il resto West Francia. Ha esteso il suo potere al fiume Vire ma col tempo portò la pace nella sua contea. Ciò ha permesso ai monasteri di Rouen di tornare ai loro monasteri, con le loro reliquie e oggetti di valore.

Nel 923 Rollo intraprese un’altra incursione, insieme ai Vichinghi che aderirono al Loire aveva stabilito. re Rudolf, Herbert II di Vermandois e Hugo il Grande, ha cercato di sottometterlo, ma sono stati sconfitti da Rollo nel 924. Rudolf era stato costretto anche al vicino Rollo Bayeux e Caen prestare. Con quello ottenuto Normandia più o meno la sua forma attuale. Nel 925 Rollo fece un viaggio di conquista e saccheggio a Fiandre, Amiens e Noyon. Re Rodolfo e Arberto di Vermandois invasero quindi la Normandia, ma furono fermati da Rollo. Fu quindi affrontato da una rivolta nella regione intorno a Bayeux e da un contrattacco Arnolfo I delle Fiandre. Chi ha vinto Unione Europea e bruciò il forte con tutti quelli che vi erano dentro. Attraverso la mediazione di Ugo il Grande, fu fatta una pace per cui Rollo rinunciò a tutte le sue conquiste fiamminghe.

Rollo era stato battezzato, ma rimase fedele alla sua vecchia fede per tutta la vita e vi allevò i suoi figli.            La tradizione vuole che prima della sua morte fece uccidere 100 prigionieri cristiani in onore degli dei nordici e ne divise 100 libbre oro su un certo numero di chiese, apparentemente per garantire il doppio di una buona vita nell’aldilà. Rollo è sepolto nel Cattedrale di Rouen.

Matrimoni e figliRollo è stato sposato tre volte. Dal suo primo matrimonio con una sconosciuta donna celtica ha ottenuto:

forse Kadline, che con a Scozzese il re si sarebbe sposato

forse Niederga

Si è sposato intorno all’886 Poppa (870 circa – dopo il 919), figlia di Berengario di Bayeux. Rollo divorziò da lei nel 912 ma si risposarono nel 919. Ebbero i seguenti figli:

William I di Normandia, succeduto a suo padre come conte di Normandia. Il suo discendente Guglielmo il Conquistatore conquistato in 1066 Inghilterra.

Gerloc (917 – dopo il 969), chiamata Adela dopo il suo battesimo, si sposò nel 935 Guglielmo III d’Aquitania

Matrimonio con Gisela, figlia dell’illegittimo Carlo il Semplice, rimase senza figli.

Epoca Moderna

La nobiltà del casato viene riconosciuta in epoca moderna dal S.A.R. Cesare d’ Altavilla che il 29 Marzo 1968 oltre a riconfermare la nobiltà di tale casata, concede al Cav. Salvatore Rollo, il titolo di Barone di Colosimi.

Il Barone Rollo è stato un ufficiale di guerra del regio esercito (regno d’Italia) poi dell’esercito italiano (repubblica italiana) che ha partecipato alla seconda grande guerra nelle campagne di Russia ed Ex Jugoslavia, decorato di medaglia al valore militare, viene inoltre nominato il 25 maggio 1946 Cavaliere della Corona d’Italia da Re Umberto II, deceduto nel 2006 viene seppellito nel sacrario degli invalidi e mutilati di guerra di Lecce.

Alessandro Rollo

 

La casata oggi è rappresentata dal nipote, Alessandro Rollo Dottore in scienze motorie e chinesiologo.

Blasone comitale Alessandro Rollo

Il dott. Alessandro Rollo, ha ottenuto un riconoscimento privato con titolo comitale dalla casata di Giovine

 

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AGRICOLA

Casato Agricola

Casata nobile di Udine agregata al consiglio nobiliare della stessa città nel 1670, famiglia riconfermata con il titolo di Nobili dall’ Imperatore d’Austria nel 1820

Arma:Partito di due, al primo di verde al secondo d’argento al leone d’oro, nel terzo d’oro.

Attuale discendente Giovanni Nicolò al quale venne concesso il titolo di conte nel 1926 con trasmissibilità solo al primogenito.

Fonti bibliografiche: Spreti, Crollalanza.

QUANTOSO

Quantoso

NICOLETTA QUANTOSO

 

 

Nata a Torino il 2/2/1977 residente a Pavia si diploma in età matura in ONICOTECNICA.

Gallery

 

 

 

 

 

Contatti: 0039-351-65-30841

Mail: quantosonicoletta@gmail.com

 

 

 

BONACCORSI RAVELLI

 

BONACCORSI RAVELLI

 

Scudo: sannitico

Arma: d’oro, alla croce d’azzurro, accompagnata nel cantone sinistro del capo da una corona da principe elettore e nel cantone destro della punta da una lettera R d’azzurro.

Corona: da conte

Decorazioni cavalleresche: il collare dell’Ordine di San Michele intorno allo scudo, a destra la decorazione dell’Ordine di Firedog, l’Ordine della Corona Eracliana, a sinistra la decorazione dell’Ordine di Santo Stefano Papa e Martire e dei Templari.

Tenenti: un arcangelo Michele a sinistra ed un arcangelo Gabriele a destra reggenti lo scudo

Mantello: di rosso cremisi, orlato e e frangiato d’oro, foderato d’ermellino, raccolto da una corona da principe elettore

Motto: Lux veritas domines

Hanno diritto allo stemma i discendenti legittimi e naturali dell’intestatario, il fratello ed il compagno/a.

Scudo: Sannitico

Arma: spaccato di 1 e partito di 3: nel 1° d’argento, al cerbero di nero;
nel 2° di verde, al castello con tre torri al naturale, aperto e finestrato del campo, posto su due rocce al naturale;
nel 3° d’argento, all’aquila di nero;
nel 4° d’azzurro all’isola al naturale in mezzo ad un mare dello stesso;
nel 5° d’oro, alla fascia ondata d’azzurro, accompagnata da tre rose di rosso, bottonate d’argento e fogliate di verde,
1 in capo, due in punta; nel 6° di rosso, al corvo di nero;
nel 7° di sanguigno, alla montagna di tre cime di verde;
nel 4° d’oro, al leone di nero;
nell’8° d’oro, al leone di nero.
Sul tutto uno scudetto di nero, caricato da due pastorali al naturale in decusse.
Sul tutto del tutto d’oro alla croce d’azzurro, accantonata da un dragone cinese in banda,
da una corona bizantina,
dal piumaggio della corona Pahlavi di Persia e
da una palma Saud

Discendente del casato è Radames Bonaccorsi Ravelli

 

 

Nato nel 1970 a Bergamo, Radames Bonaccorsi Ravelli si diploma presso l’Istituto Paleocapa in chimica alimentare. Per alcuni hanno ha prestato servizio al “Chewing Gum Bar” di Stezzano, fino al giorno della grande svolta, di fatti a 28 anni emigra a Londra, città nella quale dopo una serie di occupazioni ancora nel settore della ristorazione, ottiene un dottorato laureandosi come psicoterapeuta. Alterna la nuova attività con quella di responsabile di cassa alla Delicatessen Italian Glutton. Ulteriori studi lo portano poi, a specializzarsi in psicoterapia del linguaggio per malati terminali. Tuttora lavora nell’ambito del National Health Service (Sistema Sanitario Pubblico) di Londra, come assistente sociale, consulente psicoterapeuta e terapista per pazienti che hanno problemi mentali o malattie terminali. Attualmente rappresentante sindacale della Unison (the public service union), il più grande sindacato del Regno Unito.

Bergamaschi nel mondo

https://it.wikipedia.org/wiki/Bonaccorsi

Storia del Casato

La storia della famiglia Bonaccorsi Antica famiglia toscana risalente almeno al V secolo nel nord Italia e sopravvissuta fino ai giorni nostri. I Buonacorsi (anche Buonaccorsi, Bonacorsi o Bonaccorsi) sono parenti e discendono dal marchesato di Casa di Canossa, discendenti diretti del re Teodorico III. (Alcuni “ricercatori” credono che ciò identificherebbe la famiglia come discendente dalla Casa Reale di David, a volte indicata come Desposyni o Rex Deus – nota: tale affermazione è molto controversa e non ci sono prove provate a sostegno che sostengono) Il nome Buonacorsi deriva da buona = buono, e corso = corso, sentiero o ruscello. Il titolo di marchese (marchese in italiano) si applica al nobile che controlla una marcia, un corso o un percorso militarmente importante. Una nota interessante è che Michelangelo Buonarroti (buona = buono, rotta = percorso o rotta) anch’essi sono parenti del marchesato di Canossa. Il nome della famiglia Buonacorsi è da ricondurre a Buonacorso Marcantonio 480 d.c. Da circa 700 anni la Famiglia Bonaccorsi rimane lontana dai riflettori principali. Si hanno solo poche informazioni dal documento di matrimonio. Si sposarono a potenti famiglie, i Rurik, i Bizanzio, i Nel 1400 il Principe Bonaccorsi fu eletto Ambasciatore alla Corte dell’Imperatore del Sacro Romano Impero Ruperto, Duca di Baviera. Mentre era in quella posizione, salvò la vita dell’Imperatore sventando un complotto avvelenato istigato dal Duca di Milano. Nel 1401 il Buonaccorso continuò a compiere con successo una missione pericolosa per l’Imperatore, dopo di che Ruperto proclamò “Ti darò un emblema dal mio stesso stemma: il leone d’oro che potresti includere tra i tuoi stemmi. E io nobilito tu, i tuoi fratelli e la tua discendenza». Il Buonaccorso ne fu tanto commosso che procedette a comporre il seguente sonetto: “Questo anno in corso di quattordici uno, Re Ruperto, nella sua città di Trento, Decretato che il mio scudo potrebbe d’ora in poi presente Un suo stemma: Il leone d’oro rampante e, su di esso, Causato per essere scritto in un documento I nomi dei miei fratelli e il mio con il suo assenso Così ognuno di noi potrebbe portare il leone su Il suo campo ondulato. Da lì viene il nostro privilegio, Con durevoli brevetti di nobiltà, Portare coraggiosamente questo simbolo sulle nostre braccia Ovunque siano tali emblemi araldici Borne: qui o in altri regni,

E per tenere la terra dai re in pagamento. Quindi, figli e fratelli, coltivate nobilmente Virtù come si addice alla nostra nuova proprietà.” Questo racconto, tratto dal diario personale di Pitti, corrisponde molto bene al seguente diploma di nobiltà rinvenuto negli archivi di Venezia (da Heraldisch Genalogische Zeitsschrift, Jan, 1871) [1]: Lettera di Familiaritas di Bonacorsi e dei suoi fratelli, e che possono portare uno stemma. Ruperto, per grazia di Dio Re dei Romani, sempre Augusto, ai nobili, gli stimati Pietro, Francesco, Bartolomeo ed Elia Bonacorsi, fratelli della stessa famiglia Bonacorsi e stimati figli del defunto Nerone, da me fedelmente amati e del Sacro Impero: Sia il favore reale e ogni bene. Benché giustamente esista una munificenza regale e liberale verso tutti i fedeli del Sacro Impero, a causa di una certa clemenza generale che gli è propria, tuttavia, dovrebbe estendere più riccamente i doni della sua generosità a coloro che la reputazione dimostra più solennemente che essi hanno lavorato con più fervente zelo per gli onori speciali del Sacro Impero. Quindi, perché riguardo alla costanza della lealtà e agli utili servizi di sincera fedeltà, che tu, Bonacorsi, hai fedelmente dimostrato a noi e al Santo Impero, tu e i tuoi fratelli sopra iscritti dovevi mostrarci qualcos’altro. Pertanto, ammettiamo gentilmente te e chiunque della tua famiglia nella nostra amicizia e ti aggiungiamo alla comunità dei nostri amici, con fermo riconoscimento, riconoscendo che godi e ti rallegri di tutti i privilegi, prerogative, favori e libertà individuali ovunque desideri , che gli altri nostri amici godono come desiderano, per sempre, in tutte le cose, e che in tutti i tuoi affari individuali e in quelli che ti spettano, implori la corona reale con piena fede. Inoltre concediamo questo speciale favore della nostra regale munificenza di maestà di cui sopra per autorità regia per il momento, sia a te che a chiunque della tua famiglia, e a quelli legittimamente discendenti da te, che tu e chiunque della tua famiglia dovreste liberamente portare e indossare per l’esecuzione di ostentazione militare in guerre, tornei e quant’altro ovunque atti militari, uno stemma raffigurato rispetto alla sua circonferenza e colori di conseguenza nell’opera del pittore, con figure speciali nelle sue immagini, con qualsiasi impedimento completamente rimosso, con le braccia di tutti gli altri sempre conservate. La forma e la figura di questo stemma contiene onde alternate bianche e nere e attraverso la lunghezza dello scudo un leone rampante d’oro con una corona rossa e artigli rossi come è raffigurato nella sua stessa forma nella foto qui sotto.

Testimoni di questo documento sono il Venerabile Federico, Arcivescovo di Colonia, Arcicancelliere del Sacro Romano Impero in tutta Italia, Rabano, Vescovo di Spirensis, Corrado de Soltano, Vescovo di Verden, i nobili Emicho, Conte di Lynnigen, Maestro della Curia reale, Guther, conte di Scwarzburg, Friederich, figlio maggiore di Morse e conte di Sarwerde, l’onorevole Enrico, superiore della chiesa di San Severino, Colomanus Albert Goletus e Colbo de Buchart, soldati, Nicloaus Buman, protonotario della Royal Curia , Johann de Stamenstorff et Johann de Empache, Canonici della Chiesa di Trento, Bertholdus de Novadomo, Rabanus de Helmstat e Dieter Betendorffer, a testimonianza di questa lettera con l’aggiunta del Sigillo di Nostra Maestà Reale. Dato a Trento, giorno quindicesimo del millesimo quattrocentesimo anno di Nostro Signore, durante il primo anno del nostro regno. Per ordine del Signore Re, Johann Winheim Il figlio di Buonaccorso, Luca di Buonacorso, costruì il Palazzo Pitti, a Firenze. Il fratello del Buonaccorso, Bartolomeo, fu gonfaloniere di Pistoia nel 1417. Giovanni, figlio di Bartolomeo, ricoprì lo stesso incarico nel 1446. La famiglia Buonacorsi (e tutti gli eredi generali) ricevette in seguito il titolo di Conte Palatino, per diploma di Papa Leone X 25 dic 1514. , prima investitura nell’Ordine di Santo Stefano 1689, Patrizi di Pistoia 14 aprile 1755. Un Buonacorsi del XVI secolo fu cancelliere del duca Guglielmo IV di Baviera (1493-1550). La sua progenie andò al servizio dei sovrani italiani e tornò al cognome originario di Bonacorsi in Italia. Divennero patrizi della città di Pistoia (situata in provincia di Florenz-Lucca), dopo di che aggiunsero Pistoia al titolo. Stato attuale: Il genealogista Hansbuch des in Bayern immatrikulierten Adels come estinto, essendo stato spazzato via dal regime nazista. Questo ramo bavarese della famiglia è estinto, i discendenti sono la figlia di Simone Bonaccorsi Caterina Bonacorsi, che sposò il Principe Elia Isidoro Duca d’Idro. L’ultimo membro della Famiglia Bonacorsi vive ancora a Bergamo, tuttavia, come risulta dal diploma originale di cui sopra, tutti i discendenti hanno diritto al titolo originale di Buonacorsi. Dopo la seconda guerra mondiale, l’Italia abolì i titoli nobiliari poiché il titolo di Conte Palatino era papale, e poiché i titoli papali non furono mai aboliti. A Bergamo vive ancora il rappresentante ufficiale della Famiglia Bonaccorsi, Sua Altezza dà alla luce due figli SAS il Principe Radames, il rappresentante della famiglia paterna Preposopulos-Bonacorsi-Ravelli, SAS il Principe Radames è il rappresentante ufficiale di entrambe le famiglie Bonaccorsi e Ravelli-Preposopulos .

Ai discendenti della famiglia Bonaccorsi è stato dato formale riconoscimento di appartenere alla famiglia Merovingia, alla famiglia Rurick, alla famiglia Qing, alla famiglia Bin Saud, alla famiglia Qajar, discendenti della famiglia reale di Ramses II e della famiglia imperiale del Giappone.
Tutti stati provati con documento dall’attuale capo della famiglia e dal suo titolo nobiliare sono ; Sua Altezza Serenissima Principe di San Michele, Principe di San Stefano di Romanov Principe di Reus, Principe Elettore del Sacto Romano impeto ,Principe di Bensberg, Principe di Rosenstani, Principe Principe di Frombork, Principe di Plze, Principe di Haung Principe di Waldeck, Principe di Esztergom, Duca di Idro,
Conte di San Pietro,Conte di Cracovia, Conte di Eyczing, Conte di Comacchio, Conte di Moraschini, Conte di Costantinopoli, Conte di Giris, Conte di Krasnodar, Barone di Montagny , Barone di Milly, Barone di Champagny, Barone di Sourzy, Barone di Maevel, Barone di Cicciano, Barone di Schönbrunn, Barone di Waterford, Nobile di Bergamo, Patrizium di Roma, Patrizium di Bologna.

Famiglia bergamasca era De Preposulo. Esso è rimasto fino ad oggi nello stemma espresso da due sigle, ed anche nell’uso, specialmente in lingua latina, fino al secolo XVIII. Il cognome oggi usato, proviene probabilmente, da Ottopasso De Preposulo (1190), oppure da Pietro, detto Pazzo (1148). Un prezioso codice, donato alla Bibilioteca Civica di Bergamo dal compianto conte Cesare Camozzi Vertova e intitolato: Inventario delle insegne ovvero arme di Bergamo, contiene in fine una raccolta di registri e di documenti autenticati, formata allo scopo di dimostrare l’antichità e la nobiltà della famiglia, e la falsità della leggenda che poneva l’origine di essa in un mandriano disceso in Bergamo nel secolo XIV da una giogaia dei monti di Premolo chiamata Pas ossia Passo (valico), e perciò denominato Del Pas. In documenti dell’Archivio Capitolare, di quello Vescovile e di quello di Astino, son ricordati nell’anno 996 Pietro, …

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