RICERCA PER CASATO

Nobiltà, Genealogie e Privacy – Cosa si Può Fare e Cosa No

 Il mondo dell’araldica e della genealogia è stato teatro, nei decenni passati, di accese dispute. Alcune personalità, spesso legate a rivendicazioni di nobiltà, hanno intrapreso ricerche genealogiche non solo per ricostruire le proprie origini, ma anche per screditare presunti rivali.

Noi ci chiediamo,
fino a che punto è lecito spingersi?

Di seguito un’analisi dettagliata da norme costituzionali

Le ricerche genealogiche legittime e i limiti di legge

Chi si occupa di genealogia o araldica può liberamente consultare e pubblicare dati storici, ma incontra limiti precisi quando si tratta di persone viventi o di documenti recenti.

In Italia, l’accesso agli atti di stato civile è regolato da tempi precisi (D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396):

Atti di nascita → consultabili dopo 100 anni

Atti di matrimonio → dopo 75 anni

Atti di morte → dopo 70 anni

Prima di tali limiti, i registri possono essere consultati solo dagli interessati o da chi abbia un interesse giuridico specifico.

Inoltre, il Regolamento UE 2016/679 (GDPR) e il Codice Privacy (D.Lgs. 196/2003, come modificato dal D.Lgs. 101/2018) vietano il trattamento e la diffusione dei dati personali senza consenso.

Il rischio di diffamazione

Un altro profilo giuridico è quello della diffamazione (art. 595 c.p.).             Pubblicare informazioni, anche vere, con l’intento di screditare o ridicolizzare qualcuno può configurare reato, soprattutto se la diffusione avviene tramite stampa o internet.

Un esempio concreto

Immaginiamo il caso di Marco Rossi Alberti, che in ambienti araldici si presenta come “Alberti di San Giorgio”.
Un ricercatore scopre, tramite atti di nascita e matrimonio, che in realtà il cognome originario della famiglia è solo “Rossi” e che l’uso del doppio cognome è improprio.

 Se il ricercatore conserva queste informazioni per uso privato o per il cliente che gli ha commissionato l’indagine, non commette reato.

Se però decide di pubblicare online i dati di nascita, i nomi dei familiari e la presunta irregolarità dell’uso del cognome, compie due violazioni;

Trattamento illecito di dati personali (art. 167 D.Lgs. 196/2003 e GDPR)

Possibile diffamazione (art. 595 c.p.), perché il tono della pubblicazione ha finalità denigratoria.

Cosa si può fare e cosa no

Lecito

Studiare atti d’archivio storici (oltre i limiti di legge)

Pubblicare genealogie di famiglie decedute da più di 70/100 anni

Usare i dati in sede giudiziaria, se pertinenti

Illecito

Pubblicare i dati anagrafici di persone viventi senza consenso

Usare ricerche genealogiche per screditare o ridicolizzare

Manipolare documenti per sostenere false pretese di nobiltà

Pensieri personali…………….

La genealogia è una disciplina affascinante, che permette di riscoprire la storia delle famiglie e del Paese.

Non deve mai diventare un’arma per colpire altri.

La legge è molto chiara, e chi supera i confini della privacy e del rispetto, rischia di trasformare una ricerca storica in un reato.

Marco Pilla.

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